Per fare di Poesia "In-Canto"

“Partitura per il canto di poesia è il testo stesso della poesia che si vuol cantare, nel senso che il compositore ha tratto da quel testo, intensamente ascoltato, melodie e armonie.

Si fissi pure anche la musica con la scrittura, ma non si intendano le parole poetiche come accessorie alla stesura delle note.

La poesia entra nella dimensione del canto senza perdere la propria struttura metrica, la musica è ancella della parola e del verso.

E’ una ripresa dell’antico che rimanda al futuro, oltre la canzone d’autore (questa, generalmente, non ammette dissolubilità fra il testo verbale e quello musicale e non si basa necessariamente sulla poesia).

Il concerto dal vivo, più e meglio dell’incisione, è luogo ottimale del canto di poesia e dell’ascolto; il leggio è polo d’attrazione per gli occhi del cantore”.

(Dal programma dell’In-canto)

IL MIO "CANTAR POESIA".

Mentre componevo canzoni pace/amore (erano gli anni ’60, “formidabili” sì e no), facevo anche le prime prove di poesia e canto su testi del passato.
L’ “I’ mi trovai fanciulle un bel mattino” di Agnolo Poliziano diveniva, fra le corde di una chitarra imparata per mio conto, naturalmente “canzone”; desideravo poterla cantare un giorno ai giardini di Boboli – non ricordo perché proprio là - per un pubblico tutto fiorentino (ma nelle mie due esibizioni a Firenze, anni dopo, non l’avrei poi inserita nel programma).
Ai testi del Poliziano, fecero seguito quelli di altri poeti del passato e le musiche fiorivano così, senza evidenti motivi e senza intenti filologici.
Arrivai ai “Trovatori del Monferrato”, quei cantori delle mie terre di fine Medioevo e anche i loro versi divennero canto attuale.
Non ero musicista, eppure davo musica; ascoltavo le parole delle poesie e ne ricavavo le insite musicalità, che divenivano, un po’ misteriosamente, musicabilità e cantabilità.
Quelle prime prove rimasero nel cassetto per numerosi anni, poi incominciai a proporle al pubblico, da solo e, dai primi anni Novanta, con il chitarrista Mario Martinengo.

La mia attività di organizzatore culturale, intanto, mi metteva a contatto con molti poeti e le proposte di collaborazione, da parte mia e loro, diedero il via a quell’esperienza che ancora oggi prosegue e che denomino “Poesia in-canto”. Anche i bambini delle scuole mi davano parole, talora anche poetiche e ne scaturivano testi e canzoni per spettacoli poetico-teatrali a loro dedicati.

L’operazione, antica e modernissima, del “cantar poesia” andava giustificata, occorreva fare i conti con le opinioni dei poeti, dei critici, riconsiderare il canto dei “lirici” e dei “cantautori”: mi dedicai, così, alla riflessione, che esternai in varie sedi.

La proposta di pubblicazione su vinile mi venne da un editore di poesia sonora, Enzo Minarelli: l’operazione, non commerciale e quantitativamente limitata, avrebbe avuto sviluppi nella successiva era di internet (e quel disco non avrebbe patito l’oltraggio della polvere e l’oblio connesso all’abbandono d’uso del supporto materiale).
Devo dichiarare oggi soddisfazione per aver voluto cogliere in extremis quell’opportunità, per aver prodotto forse uno degli ultimi 33 giri dell’era del vinile.

Da qualche anno ho dato vita, con amici musicisti, al GRUPPO DELL’INCANTO, che opera organicamente all’interno della Biennale di Poesia di Alessandria con intenti di produzione e di divulgazione.
La formazione comprende Mario Martinengo (chitarra), Andrea Negruzzo (pianoforte), Giorgio Penotti (flauto e voce), Gino Capogna (percussioni). Le voci femminili sono di Serafina Carpari e di Daniela Desana (voce recitante).

Come cantore, poeta che canta se stesso e altri poeti: così cerco di propormi e così amerei venir considerato. 

LA POESIA CANTATA

Oggi la poesia deve ricercare un pubblico, un “cerchio d’ascolto” per ritrovare senso: la musica e il canto possono rimettere in circolo la poesia.
I poeti possono proporsi come lettori e interpreti delle proprie opere ma, meglio e di più, possono offrirsi all’ascolto con il canto, che altro non è che una particolare forma di lettura poetica.

Prima, durante e dopo ogni collaborazione, fra musicista e poeta intercorrono contatti, per voce e di persona, telefonicamente, per e-mail, per lettera postale...
Riporto qualche passo della corrispondenza da me avuta con una importante poeta italiana: può sintetizzare il mio modo di operare con la poesia e con la musica.

Gentile,
mesi fa Le telefonai per proporLe un mio intervento musicale su alcune Sue poesie d’amore: Lei fu molto gentile e disponibile e, da parte mia, ci fu l’impegno a rifarmi vivo a operazione compiuta.
Cominciai a lasciar crescere, attraverso la lettura e il paziente ascolto, la dimensione musicale dei testi.
Ritengo che ogni poesia possieda una musicalità, dunque una potenziale musicabilità da coltivare.
[...] Ho dedicato ai Suoi testi passione e impegno, altre volte messi alla prova con altri poeti (anche con quei particolarissimi “poeti” che sono i bambini), con l’intenzione di ridare voce al testo, operazione antica e nuova, salutare e necessaria a ritrovare senso e ascolto per la poesia.
[...] Sono convinto che si debba cercare una dimensione diversa, precedente e successiva, rispetto alla canzone, anche alla “canzone d’autore”; che il testo poetico debba restare al centro dell’operazione, ispirare musica e canto senza restarne ingabbiato [...] e in questo cammino ho ricevuto l’autorevole incoraggiamento di taluni, l’inevitabile indifferenza o noncuranza di altri, l’applauso di coloro ai quali mi rivolgo nei concerti.

Ancora, con un altro poeta.

(...) la mia voce e il mio canto - hai pienamente ragione - mostrano una paternità deandreiana e riferimenti anche ai cantautori (quelli "storici", che non si limitavano a essere cantanti di se stessi, con tensione artistica e particolare cura per i testi verbali... quando oggi si sente definire "cantautore" chiunque per qualunque canzonetta). C'è, però, anche distanza dai cantautori in quanto, per me, il testo verbale (solitamente prediligo quello poetico) sta sempre prima della musica, lo precede, ispira e motiva. La musica svolge spesso azione ancillare, sono le parole a suscitare le idee melodiche e la costruzione musicale. Ne consegue che parole e musiche mantengano autonomia, non annullata dal loro connubio in canzone. Dunque, un campo di mezzo (limbo, ma anche conseguente libertà) fra cantautori e poeti cosiddetti sonori, tesi a sperimentalismi. Ho lavorato con e fra i poeti, semplicemente, lasciando prodotti non definibili strettamente come "canzoni", ma qualcuno ha coniato il termine "ipercanzoni", prontamente fatto mio.

LA PROMOZIONE DI POESIA

La Biennale di Poesia, che organizzo con Elvira Mancuso, Mauro Ferrari e altri Collaboratori dal 1981 (sicuramente una delle manifestazioni poetiche più longeve a livello internazionale), fa incontrare periodicamente in Alessandria poeti, critici letterari, artisti, su indicazioni tematiche di attualità.
Di ogni edizione vengono pubblicati volumi di inediti e cataloghi, con l’obiettivo di contribuire a riportare storicamente vicinanza fra la poesia e le arti.

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