Scripta

*

Vengono qui da lei?
quelle lucciole da strada
bagnata. Quella da terra
che per poco non toccava
curiosa luminescenza polverosa
Quelle lucciole impotenti
a sciogliere le paure degli antri
stelle brillanti nell'oscurità


*

La folle raccolta dei fiori
dai petali lucenti
L'intenzione di farne
fiori secchi decorativi
La sensazione graduale
che si trattava di fiori vivi


*

Salutate le terre umide
di Borgogna - biancori di armenti
e di brusii - ricordiamo
la collina d'umanità, l'antico
notturno e ripetuto canto, l'impronta
della cattedrale distesa nel borgo
d'oggi, al centro l'albergo caro
al Lamartine:
Objets inanimés, avez-vous
donc une ame?

(da A mani ferme)



*

Le palme di Montpellier
che ti guidano alla stazione di St. Roch
e alla sua piazza vuota di auto
altissime (e le chiome malate)
Potrebbero quei viventi vegetali
che ci dicono da sempre di mare
ridursi a pali
a croci?


*

Vertiginosa ascesa
a vedere dall'alto
dall'oltre di stelle
anche le mai viste
nella vita di veglie

(per M. H.)

(da Uno, fotopoesie)


*

A nessuna venerazione
i resti eventuali
di quelle esplosioni

La santa corda non esiste
e neppure la santa bomba
di punte e ferraglie

Solo all'incrocio dei legni
si può venerare il sangue
innocente

*

Luce non farci mancare
Vedremo lune velate
in fine dei giorni
nostri di sole

Per lontana luce di stella
vedemmo nei colori il creato
innamorandoci
di persone, le cose
paesaggi animali
da non voler più lasciare
trattenere nel tempo
che si assottigliava

Eraclito, Bergson
filosofi del tempo...
Ma dalle cellule
viene la deflagrazione
che ci pone
in diabolica tentazione
fra i due nulla
indeboliti

(pur con senso d'eterno)

(da Fra aria e pietra)



Il vignaiolo

E cammina nell'inverno
dove, prima, serpi e uccelli
dove grappoli
Sono spogli i filari, silenziosi

Primavera si avvicina
pota i rami
porta canne
aggiusta terra
tende fili

Nell'estate
quando al sole si prepara
l'uva nuova
accaldato lui s'aggira
fra le foglie
toglie erba alle radici

E' autunno
l'uva è pronta
da guardare, da toccare
da staccare

Han finito il lavoro di un anno
terra piante mani e sole:
è soddisfatto

(da La piazza delle scintille, poesie per parlare degli "antichi mestieri" ai bambini)



La viola

Quando volevi cogliere la viola
scese la neve e la coprì
Facesti male a credere al sole
che ti diceva è primavera!
Ora le viole si danno a mille
tu non le cogli, temi la neve
Ora che canta la primavera
tu non la senti, pensi alla neve
In silenzio la viola torna alla terra
e tu cammini sull'erba verde

(da Dice un sole, canzoni ai bambini)






Aldino Leoni


L’INSOPPORTABILE ESPLOSIONE

Da una poesia di Clemente Rèbora
(2014)

(In scena un attore, un’attrice, un gruppo musicale)

(Musica)

(Attore/Rèbora)

Io, Clemente Rèbora (l’attore indica se stesso), nato a Milano nel giorno dell’Epifania del 1885; sarei divenuto medico, se avessi continuato gli studi a Pavia… ma a me interessavano le lettere e la musica, così divenni insegnante - a Milano, a Treviglio, a Novara - e poeta, saggista su riviste letterarie…
Amai una donna, la pianista russa Lydia Natus…

Ed ecco il fischio dell’andata al fronte:
Sibilla profetava:
Giovani, avanti al rischio benedetto!
Però, in trincea, chiuso l’orizzonte,
Moloch faceva pasto grosso

Richiamato alle armi, sottotenente nel centocinquantanovesimo reggimento fanteria, sul Podgòra. Forte trauma cerebrale a causa di un’esplosione - l’insopportabile esplosione - di un colpo da 305, pezzo d’artiglieria austro-ungarico. Stato di shock. Tre anni di ospedale, da un ospedale all’altro; nel 1919, riformato con diagnosi di infermità mentale.

O ferito laggiù nel valloncello,
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue
Tronco senza gambe
E il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine l’ora,
affretta l’agonia,
tu puoi finire,
e conforto ti sia
nella demenza che non sa impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello,
lasciaci in silenzio
Grazie, fratello.

Quell’ultima, insopportabile esplosione pose fine alle tante esplosioni, di certo non ai tormenti nella memoria, che non mi avrebbero abbandonato mai.
Dopo, nulla fu come prima, anche con Lydia finì.
Un’altra esplosione, silenziosa, mi avrebbe portato a rinnegare e distruggere tutti i miei scritti, a farmi servo di Dio e delle sue creature, nel sacerdozio cristiano.
Quanto fortunati coloro che, in vita, non incontrarono mai la guerra, non dovettero udire lo sconquasso terribile delle esplosioni, non dovettero respirare polvere di morte, né affondare nelle melme insanguinate!
Dalla distruzione di quanto scrissi prima, quella poesia si è salvata, già pubblicarta da qualche parte: di quella non mi pento, voi dovete sapere le nostre vite e le nostre morti in quei tempi disumani…

(Musica)

(Attrice)

Mi ritrovo fra le mura di questa fortezza, la Cittadella di Alessandria. Qui, in altri tempi, gli Austriaci entrarono vincitori; qui, cent’anni fa, gli Austriaci vennero da prigionieri. Bizzarra la storia: passano gli anni e tutto cambia.
La guerra non cambia mai: è sempre e solo il colpo di coda del drago; è sempre e solo negazione totale di umanità.

Sento il soldato austriaco che, durante tutta la giornata, ha combattuto i Francesi, forzatamente assassino per non soccombere, è stanco, sporco, ferite dovunque sul corpo.
Stamani la fortezza lo ha gettato fuori, verso i campi di Marengo; stasera lo vede tornare, sopravvissuto…

Mi ritrovo fra le mura di questa fortezza: donna che non sa ragione per cui figli di donne da qui dovettero uscire, per andare a uccidere altri figli e qui ritornare stremati, con la mente colma di esplosioni.
Per quel giorno, non era toccata loro in sorte la fine.

Sento questa fortezza come una bolla, protettiva e fragile; la sento come energia forzatamente compressa in milioni di mattoni tenuti assieme dalla stretta della calce, che va ritornando polvere.
So con sicurezza che questa fortezza, come ogni fortezza, non è forte come appare.
So che – decidendola, costruendola, abitandola – l’essere umano si è dichiarato debole, debolissimo, ha lavorato per il drago.
So anche, però, che qui l’erba - dopo tanto tempo, ma ostinatamente - è riapparsa, a nascondere la polvere della piazza d’armi.
Qui gli antri ora sono vuoti, da tempo, senza combattenti sfiniti e prigionieri.
Qui, non c’è più disperazione, gli sguardi si possono volgere  ai fili d’erba e alla luna. Nella penombra degli antri, i miei occhi possono incontrare parole graffiate sulle pareti da loro, combattenti sfiniti e prigionieri… ma non c’è disperazione, almeno per un momento.

(Gruppo musicale: “L’eclissi di luna”)

Ma la contemplazione non dura. Mi aggrediscono le domande sul motivo… il motivo che sfugge, il motivo di sofferenza, timore, terrore e dell’orrore di cui le mura di questa fortezza furono testimoni.
Ne sono intrise e trattengono, per sempre tratterranno… Il MOTIVO………

(Gruppo: “Istorica”)

Si combina la nostra essenza con l’essenza della storia: desiderio, brama, vanità.
La storia:  scontro, potere, lotta di re, di genti…
Leggo cronache di secoli, libri sacri e profani, giornali di oggi… sempre storia di sudditi e di sovrani, di condottieri e di condotti, di comandanti e di comandati, di sangue di eroi; sullo sfondo, il sangue dei senza-nome, dei senza-identità di ogni tempo, di ogni dove…
Noi, con i nostri giorni e i nostri spazi… Altri, nei loro giorni e nei loro spazi…
Essenzialmente diversi?
Che cos’è mutato, che cosa muta?
Nulla.
Uomini e donne di sempre.

(Gruppo: “Quando rosa”)

Mi sono anche distesa fra l’erba, l’erba che ha ricoperto, cancellato e sostituito la polvere della piazza d’armi della fortezza.
Si radunarono qui, prima di marciare ai campi di Marengo, quella mattina, i soldati austriaci…
Anche lui – il soldato senza identità – stava silenzioso fra le migliaia dalle uniformi bianche, ancora immacolate, mentre risuonavano da ogni parte della piazza gli ordini nervosi…


…Ma ora è cielo stellato sopra di me, luna che richiama a sé lo sguardo.

Esercita una sorta di ipnosi la luna nei miei occhi, nella mia mente: lentamente mi fa abbandonare questa piazza, che fu di passi pesanti, e avvicinare al mistero.
Forse anche per Clemente fu il peso dell’insopportabile esplosione, della guerra patita, ad aprirlo al Mistero.

(Gruppo: “Le grotte”)

Una vertigine, il levare gli occhi alla luna.
Per gli antichi, solo l’inizio di un’ascesa verso l’alto, di cielo in cielo. Tutto perfetto lassù, le sfere del divino roteavano silenziose, fatte di sostanza eterea… Quaggiù i quattro elementi, le asperità, il frastuono, la corruzione, la guerra!
Loro – gli antichi - … e anche noi: guardare in su e sentirsi come orientati, rassicurati, ebbri di profondità sconosciute.

Da queste mura della guerra,  fra queste mura, oscillo fra il fuori e il dentro di me e sento il mistero.

(Gruppo: “Voce di fuoco”)

Il mistero… fra le mura di una fortezza… non è come stare davanti a una distesa di onde luccicanti di luna.
Qui le mura restano intrise di altro, che contrasta.
E arretra, si ritira, svanisce la razionalità, debole, fra mura già deboli quando venivano erette.
Ma avanza il mistero, turbinante e rasserenante.
(L’attrice prende fra le mani una bibbia)
Trovo nel gran Libro un canto: in questo Libro, dove, tessute nelle parole, convivono le più inaudite malvagità e le più mirabili salvifiche benevolenze.

 (Gruppo: “Ha fatto la luna”)

(Attore/Rèbora)
Nei decenni successivi a quella guerra vidi erigere in gran numero monumenti per gli… eroici caduti.
Per me continuavano a essere degli uccisi, dei travolti dai giochi dei confini, confini che si spostano continuamente, avanzano o arretrano a seconda di dove li guardi, a volte scompaiono… intanto dei giovani uomini, a milioni, sono stati uccisi… per quei confini!

E questa è STORIA?

Sì, storia del drago che danza ebbro sui campi di battaglia.
I campi: campi divenuti cimiteri improvvisi.
Io ne ho attraversati, sempre pregando e chiedendo perdono… ma su quelli dove posai i miei passi di terrore, in quei mesi con i miei compagni, non sono più tornato.

Ho sempre amato le ampie pianure e le montagne, i loro silenzi, ma proprio per questo non sono più tornato, là dove i silenzi furono violentati da insopportabili esplosioni e la terra intrisa di sangue!

(Musica)

(Attrice)
La luna sulla fortezza e i fili d’erba che hanno ricoperto la piazza d’armi: hanno suscitato in me qualcosa di mistero… La guerra no: non c’è mistero nella guerra… è, chiaramente e solo, la solita danza del drago! Il mistero non si rivela nel frastuono. Il frastuono soffoca il mistero. Il mistero si leva dalla brezza leggera: luna, fili d’erba….

(Attore)
La brezza leggera  travolge più del vento impetuoso, più dello spostamento d’aria spaventoso delle esplosioni. La brezza leggera allontana il drago… lascia avanzare il Mistero.

(Attrice, indicando l’attore)
Lui divenne don Clemente Maria Rèbora.
(e continua)
… e il dopo, i dopo-di-tutte-leguerre, diverse le situazioni, ma un po’ tutte uguali, sfinimento, dolore… tanto dolore e tutte le ferite, a fatica, da far rimarginare…

(Gruppo: “Trilogia”)



















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